In sede parlamentare, l’onorevole del Pd di Padova, Margherita Miotto, ha interrogato il ministro della Salute, a proposito del caso di un giovane di 38 anni deceduto – presuntivamente – in seguito a cure con sostanze contenenti fendimetrazina. Il Ministro Renato Balduzzi, intervenendo in risposta, ha precisato che la fendimetrazina è un preparato anoressizzante, utilizzato per contrastare le obesità, “sottoposto a significative limitazioni perché considerata pericolosa per la salute”. Il Ministero (24 gennaio 2000) ha vietato ai medici di prescriverla e ai farmacisti di eseguirne le preparazioni magistrali. Off limit. “Con successiva sentenza il Tar del Lazio ha ulteriormente chiarito che il divieto all’utilizzo delle sostanze indicate si estende alla metodica del dottor Zohoungbogbo”. L’onorevole si è dichiarata soddisfatta.
E, tuttavia, proprio lo sviluppo di questa discussione suscita inquietudini alle quali qualcuno vorrà offrire riguardo.
Intanto: chi ha stabilito con certezza che quel poveretto è morto – per davvero! – in seguito all’azione diretta e inequivocabile della fendimetrazina? E quali e quanti altri casi – nel mondo – corroborano la tesi in base alla quale la sostanza è così pericolosa da essere bandita dal prontuario medico?
Su quali studi e su quali ricerche si fonda la decisione del Ministero del 24 gennaio 2000? E, dunque, quali sono i presupposti che hanno ispirato la decisione – del tutto ad personam – del tribunale amministrativo?
Non sarà mica che stiamo scomodando Parlamento, Ministero, decreti, tribunali, interroganti e interrogazioni solo per mettere fuori gioco un medico che cerca soltanto di fare il mestiere suo?
Lorenzo Del Boca
23 luglio 2012