Dedicato a “quelli che…”:
“le sentenze non si discutono!”
Se le sentenze si devono sempre (e prestamente) applicare, perché quelle che riguardano Mathias Christian Zohoungbogbo fanno così fatica a trovare la strada giusta per essere rispettate?
In trent’anni (abbondanti) di vita professionale, intersecata purtroppo da una quantità di vicende giudiziarie, le archiviazioni e le assoluzioni possono riempire interi faldoni.
Non contano nulla?
A riassumere una quantità di processi ci hanno pensato a suo tempo, l’allora Procuratore Generale Silvio Pieri e l’allora Procuratore Francesco Marzachì che con decisioni giurisdizionali, rispettivamente, del 1994 e del 1999, hanno riproposto l’intera vicenda concludendo che Mathias Christian Zohoungbogbo aveva esercitato la professione medica e non era imputabile di altri addebiti. Un avvertimento a futura memoria: doveva essere lasciato in pace e perché fosse proprio chiaro avevano disposto che copia delle loro decisioni fosse trasmessa a tutti gli istituti sanitari interessati. In mancanza di ricorsi la sentenza è passata in giudicato diventando definitiva.
Le sentenze si applicano ad eccezione di quelle dei Procuratori Pieri e Marzachì?
Il 5 ottobre 2005 il Tribunale Amministrativo del Lazio ha sentenziato che il Ministero della Salute non poteva continuare a comportarsi come Ponzio Pilato.
A proposito del dottor Mathias Christian Zohoungbogbo (che praticava le sue cure da qualche decennio) occorreva prendere una decisione: il tribunale avrebbe nominato un commissario ad acta con il compito di realizzare una sperimentazione su quel farmaco se il Ministero non avesse accettato la metodica di Rivalta. Scelsero la seconda ipotesi che venne determinata in sentenza.
Le sentenze devono essere applicate. E, allora, come mai, il Ministero, appena dopo, ha deciso che le medicine di Mathias Christian Zohoungbogbo, senza prove, senza documentazione, senza riscontri e senza esperimenti, sono diventate droga – fuori legge – dall’oggi al domani?
Anche la sentenza del 3 maggio 2011 – che, pure, giudichiamo severamente – (giudice monocratico La Gatta, pubblici ministeri Longo-Viglione) che ha condannato il dottor Mathias Christian Zohoungbogbo a otto anni di carcere andrebbe applicata. La decisione non piace ed è sbagliata perché sostiene che la medicina “Math 80” è dannosa per le persone con un rapporto di massa corporea inferiore a 27 e, quindi, è imprescrivibile mentre è praticabile per pazienti con massa corporea superiore. E’ sbagliata perché è difficile (impossibile?) sostenere che una sostanza può essere, contemporaneamente, un farmaco e un veleno, se assunta da persone con differenze di peso di un paio di etti ciascuna.
Per questo è stato proposto appello. Ma, comunque, la sentenza andrebbe osservata e, secondo la decisione di quei giudici, occorrerebbe poter curare gli obesi secondo la metodica Zohoungbogbo e allontanare gli altri. Perché, invece, non avviene?
Nel frattempo (10 giugno 2013), è intervenuta la sentenza d’appello (Presidente Volpe, procuratore generale Corsi) che ha ribaltato la sentenza di primo grado, assolvendo Zohoungbogbo. Il farmaco “Math 80” è medicina indipendentemente dal peso dei pazienti.
Dovrebbe essere un “via libera” alla cura medica …
Se le sentenze potessero essere applicate.. anche per Mathias Christian Zohoungbogbo …
Lorenzo Del Boca
Rivalta di Torino, 10 settembre 2013